Il concetto di mobilità è uno degli aspetti più importanti dal punto di vista del benessere fisico e mentale perché influisce positivamente su ambo gli elementi. È per questo che capita spesso di sottolineare il ruolo fondamentale giocato da dispositivi di assistenza motoria come il montascale per anziani, che rappresenta uno degli espedienti più efficaci in ambito sociale.
Ciò che spesso viene tuttavia trascurato è il rapporto tra attività motoria e longevità nonostante ci siano diversi studi che certificano come il camminare allunga la vita durante la terza età sia per le donne che per gli uomini.
In quest’articolo ci concentreremo proprio sul “gentil sesso” per rimarcare l’importanza dell’attività fisica, anche nei limiti di una passeggiata, e il suo impatto sulla persona in termini di “allungamento” della vita.
Titolo 1
A supporto della tesi che vede il rapporto di proporzionalità diretta tra il camminare e la durata della vita in riferimento alle donne in terza età, vi è uno studio scientifico recente pubblicato su Jama Internal Medicine. Questa rivista medica mensile, pubblicata dall’American Medical Association, ha rivelato i dati riscontrati da un gruppo di ricercatori del Brigham and Women’s Hospital che ha sede a Boston, i quali si sono concentrati soprattutto sul numero di passi da compiere giornalmente durante la fase di invecchiamento.
Nello specifico, la credenza principale voleva che fossero almeno 10mila i passi necessari per allungare la vita ma questo studio ha smentito tale tesi. Prima di entrare nel dettaglio, occorre fare una premessa che spieghi le ragioni dietro questa convinzione: in passato, era stata un’azienda giapponese produttrice di contapassi che si era sbilanciata indicando proprio nei 10000 passi la “dose” giornaliera di attività fisica.
In realtà lo studio condotto successivamente ha rivelato tutt’altro: in particolare, sono state prese in analisi approssimativamente 16800 donne con un’età media che si aggirava intorno ai 72 anni. A ciascuna delle partecipanti era stato fornito un dispositivo che ne registrasse gli spostamenti ed ogni soggetto in analisi ha dovuto tenere con sé tale aggeggio per una settimana, consecutivamente, ma sempre da sveglie.
A questa semplicissima azione ha fatto poi seguito un percorso di monitoraggio durato circa 4 anni, durante i quali va anche sottolineata la scomparsa di 504 donne. Questo aspetto negativo ha dato comunque lo spunto per leggere i dati dell’esperimento sotto diverse chiavi: innanzitutto, gli studiosi hanno riscontrato che le donne che avevano mantenuto una media di circa 2700 passi al giorno mostravano un rischio di mortalità superiore rispetto alle altre. In particolare, l’altro campione di donne era vicino ai 4400 passi al giorno e dimostrava un rischio di morte decisamente inferiore rispetto al primo gruppo; a questo tema però si è poi sviluppata un’altra conoscenza su questo tema e cioè quella di un limite sommario oltre il quale gli influssi del camminare non cambiavano più di tanto gli effetti sulla mortalità.
Dai 4400 passi fino ai 7500, infatti, si è verificata una diminuzione del rischio di morte addirittura del 41% ma, contrariamente a quanto sostenuto dall’azienda giapponese di cui sopra, oltre questa soglia non sono stati riscontrati elementi tangibili di miglioramento della salute. È per questo che la cifra dei 10000 passi al giorno non ha oggi più alcuna validità anzi: in taluni casi l’impegno e lo sforzo fisico nel tentativo di andare oltre i propri limiti può risultare controproducente andando quindi a sovraccaricare altre strutture delle donne in terza età.
Proprio a tal proposito, un ulteriore elemento di analisi ha riguardato la velocità della camminata che inizialmente si riteneva potesse comunque condizionare il processo di “allungamento della vita”. Su questo tema, in realtà, non si sono riscontrate prove significative per le quali si potesse attestare che una maggiore velocità di passo comporti un allungamento della vita significativo. È per questo che l’attività fisica resta una degli esercizi più significativi in ottica salute perché i suoi influssi positivi nelle donne in terza età e non solo, possono essere percepiti anche in assenza di indicazioni particolari ma semplicemente attivando il proprio corpo con il movimento.
Obiettivo degli studi futuri ora sarà quello di estendere le conoscenze in merito agli effetti del camminare sulla vita delle donne in terza età, arrivando anche alle categorie più giovani. Lo scopo è quello di valutare fino a che punto l’attività fisica possa giocare un ruolo preventivo nel diminuire il rischio di mortalità.